Per sua intrinseca natura, la realtà umana sembra segnata, ab ovo, da una condizione bipolare che porta a distinguere e separare il bello dal brutto, il buono dal cattivo, il buio dalla luce, il secco dall’umido, la pace dalla guerra… e così via. Seguendo questa traiettoria, possiamo dire che i ponti si possono costruire ma anche distruggere, come peraltro vediamo di continuo, soprattutto nella fase storica che ci è toccata in sorte, in cui prevalgono spinte talmente distruttive da sfiorare l’autodistruzione a causa delle mai domate pulsioni belliche. Il simbolo del ponte, che sta a significare il bisogno di collegare le polarità di endiadi altrimenti destinate alla conflittualità, è stato quindi sempre importante, se si considera che presso i romani, progenitori nel bene e nel male della civiltà occidentale, era stata istituita un’apposita autorità, il pontifex, nata per la gestione della relazione sacrale con le acque al fine di disciplinare anche giuridicamente la vita sociale: di lì a caricare di valenza simbolica l’elemento ‘ponte’ il passo è stato breve.
