presentazione di Pietro Dalena
Dante Alighieri, anticipando la linguistica moderna, nel
De Vulgari Eloquentia sostiene «che non c’è lingua senza dialetti perché essi sono la lingua degli affetti, delle “cose” che appartengono ad una terra e non ad un’altra, che legano le generazioni tanto quanto il sangue». In altri termini rappresentano le radici e la storia identitaria di una comunità locale. Passione civile e senso di appartenenza, infatti, muovono Franco Losavio verso questa avventura editoriale: una faticosa e laboriosa operazione intellettuale che coniuga la passione per la
Commedia di Dante con l’intento di recuperare il dialetto massafrese attraverso cui se ne tramanda la cultura, il senso di civiltà, la storia. Una passione nata e alimentata sin dai tempi del Liceo classico, il Tito Livio di Martina Franca. Il talento di questa operazione culturale si coglie nella tensione intellettuale di recuperare la parlata locale e darle dignità letteraria attraverso la declinazione in vernacolo massafrese della cantica dell’
Inferno di Dante Alighieri che, in questo modo, diviene più accessibile alla comunità cittadina. Allo stesso tempo Franco Losavio sostanzia il dialetto massafrese di valore storico dandogli una valenza veicolare in quanto, raccogliendo per «carità del natìo loco le fronde sparte» della parlata, le radici identitarie della collettività urbana, lo riscatta dalla storia evanescente, che lo condanna all’indifferenza e all’oblio, e lo consegna alla memoria dinamica che ne perpetua lessico e suoni. Nel senso che le generazioni future vi troveranno il senso della storia locale, i modi della comunicazione e la tradizione che hanno alimentato la vita dei loro padri.